Militarizzazione ed espropriazione delle terre tamil
Sono passati 12 anni dalla fine del conflitto armato eppure le forze armate dello Sri Lanka, accusate di atroci crimini di guerra, stanno assiduamente occupando le aree nord-est dell’isola. Attualmente all’incirca sedici divisioni dell’esercito dello Sri Lanka hanno militarizzato terre appartenenti al popolo tamil. Queste aree sono costantemente soggette ad espropriazione forzata e militarizzazione con un aumento di sfollamenti ed intimidazioni della popolazione locale.
La forte presenza militare nelle aree settentrionali ha favorito lo sviluppo di aziende di proprietà e gestione esclusivamente militare ostacolando lo sviluppo economico locale e impedendo la popolazione tamil a mantenersi autonomamente.
Le piantagioni agricole, principale fonte di reddito della popolazione tamil, vengono gestite dal Dipartimento di sicurezza civile (Civil Security Department o CSD), un ramo dell’esercito istituito dall’attuale Presidente Gotabaya Rajapaksa, il quale ha intensificato la presenza militare negli affari civili. Un rapporto pubblicato dal Centro per gli studi legali dell’Asia meridionale (SACLS) ha evidenziato come il CSD abbia preso di mira in modo aggressivo e sfruttato gli ex membri delle LTTE e le donne capofamiglia per lavorare nelle piantagioni. Questi infatti rimarrebbero indebitati e vincolati al Dipartimento della sicurezza civile fino all’estinzione del debito, lasciandoli in una situazione economica precaria. Le attività del CSD hanno normalizzato la militarizzazione creando una dipendenza economica dai militari, sopprimendo l’attivismo civico e distruggendo l’identità della comunità locale tamil.
Sotto l’amministrazione Rajapaksa numerosi ex comandanti militari dello Sri Lanka, fautori di crimini di guerra e crimini di genocidio, sono stati promossi a posizioni di governo di alto livello intensificando in questo modo l’influenza militare nella vita pubblica. Il settimanale internazionale d’informazione politico-economico, “The Economist”, ha sottolineato che i generali militari dello Sri Lanka stanno assumendo numerosi ruoli nella pubblica amministrazione (es. incaricati delle dogane, autorità portuali, settore agricolo).
Un esempio pratico è rappresentato da Shavendra Silva, comandante della 58esima divisione dell’esercito dello Sri Lanka che durante le fasi finali del conflitto armato ha bombardato le così dette “No Fire Zones” ed accusato di crimini di guerra a cui è stato vietato l’accesso negli Stati Uniti. Attualmente è capo della task force per la gestione dell’emergenza Coronavirus. Quest’ultimo è stato criticato per una cattiva gestione della pandemia. Infatti la sua riposta militarizzata all’emergenza ha causato un’escalation di episodi di molestie, intimidazioni e stretta sorveglianza delle aree tamil.
Diversi altri ufficiali militari occupano posizioni ministeriali e rivestono incarichi di rappresentanza dell’Ambasciata dello Sri Lanka nel mondo. Come nel caso del genocidiario Sumangala Dias, ex Generale dell’aeronautica militare dello Sri Lanka, nominato nel novembre 2020 come Alto Commissario per le relazioni diplomatiche in Canada e successivamente come Ambasciatore in Italia.
Il controllo militare della vita pubblica nel nord-est dello Sri Lanka distrugge ogni speranza per una democrazia partecipativa e una pace sostenibile sull’isola.