“Li ho uccisi, li ho uccisi, li ho uccisi” – Gotabaya Rajapaksa
Il presidente Gotabaya Rajapaksa è a New York per partecipare alla 76esima sessione delll’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Parlando con il Segretario Generale Antònio Guterres, il presidente Gotabaya ha affermato di voler intraprendere “un’azione immediata” per la questione delle sparizioni forzate.
La maggior parte di questi scomparsi, sono persone consegnate all’esercito dello Sri Lanka durante la fase finale del conflitto armato nel 2009, oppure rapiti con i furgoni bianchi dai paramilitari o forze armate dello Sri Lanka.
In un’apparente misura di umiliazione e totale disprezzo per migliaia di famiglie che sono alla ricerca dei loro cari scomparsi, il Presidente Gotabaya Rajapaksa ha ribadito la volontà di un meccanismo interno per affrontare questo problema più che decennale. Un comunicato ufficiale dello Sri Lanka afferma che il governo avrebbe preso provvedimenti immediati nei confronti delle persone scomparse, accelerando gli sforzi con il rilascio di certificati di morte.
La dichiarazione di Gotabaya Rajapaksa, dalla sede delle Nazioni Unite, di rilasciare certificati di morte alle persone che sono state consegnate in custodia all’esercito militare, rappresenta l’apice dell’arroganza e impunità che permea lo stato e le istituzioni dello Sri Lanka.
Ancor più deludente è la continua indifferenza delle Nazioni Unite e dei paesi membri a un plateale ed esplicito affronto ai Diritti Umani da parte del Governo dello Sri Lanka.
Ad inizio anno l’ex ambasciatore statunitense sui Crimini di Guerra Stephen Rapp, ha divulgato in un intervento online una confessione sull’uccisione dei prigionieri di guerra dell’attuale Presidente dello Sri Lanka, allora Segretario alla Difesa.
Mi ricordo il Segretario alla Difesa dire, “Oh, processi, processi, tu sai quanto sono lunghi e le persone la scampano”,
E poi aggiunse, “Li ho uccisi, li ho uccisi, li ho uccisi”.
Stephen Rapp, ex ambasciatore Statunitense sui Crimini di Guerra
Bisogna ricordare che lo Sri Lanka detiene, dopo la Siria, il secondo numero più alto di casi di sparizioni forzate. Si stima infatti che circa 100.000 persone siano scomparse nelle ultime fasi del conflitto armato nel maggio 2009.
La dichiarazione arriva mentre le famiglie degli scomparsi continuano a protestare per oltre 1600 giorni e mentre la Diaspora Tamil continua a fare pressione per un meccanismo internazionale supervisionato dalla Nazioni Unite per le accuse di crimini di guerra e crimini di genocidio commessi dal governo dello Sri Lanka.
I familiari delle vittime scomparse da oltre 12 anni hanno respinto con forza la proposta del presidente Rajapakse al segretario generale dell’ONU, esprimendo profondo scetticismo sulle capacità dell’Ufficio governativo per le persone scomparse. Human Rights Watch ha evidenziato, in una recente dichiarazione, come il regime di Rajapaksa abbia minato l’indipendenza dell’istituzione attraverso nomine politiche.
Parlando ai giornalisti il presidente delle famiglie forzatamente scomparse del distretto di Mullaitivu, Maria Suresh Easwary ha dichiarato:
“Ora il presidente parla come se stessimo chiedendo i certificati di morte. Ci siamo costantemente appellati alle Nazioni Unite inviando i nostri rapporti, non chiedendo certificati di morte ma chiedendo giustizia. Vogliamo giustizia, vogliamo sapere cosa sia esattamente successo ai nostri cari.”
Ancora Thambirasa Selvarani, presidente dell’associazione delle persone scomparse del distretto di Amparai ha affermato che i familiari delle persone scomparse non hanno alcuna fiducia in un meccanismo interno. Aggiunge:
“Confidiamo che la Corte penale internazionale (ICC) sia l’unica soluzione per ottenere giustizia. Continueremo le nostre proteste fino a quando le nostre richieste non saranno soddisfatte!”.
Il governo dello Sri Lanka e il presidente Gotabaya Rajapaksa hanno così nuovamente respinto la richiesta di un meccanismo internazionale per affrontare le accuse di crimini di guerra ribadendo che la soluzione sarà trovata attraverso un meccanismo interno. Le vittime Tamil non sono chiaramente convinte della presa di posizione del governo. I familiari affermano infatti: “Il presidente ha avuto un ruolo attivo nelle ultime fasi del conflitto armato nel 2009, quindi sa cosa sia realmente successo alle persone scomparse!”.
Il recente protocollo firmato a Palermo rappresenta la risposta della Diaspora Tamil al continuo silenzio internazionale e al Governo dello Sri Lanka, chiedendo il riconoscimento del Genocidio Tamil e l’inizio di un percorso di giustizia come primo passo per risolvere la questione degli Eelam Tamil.